venerdì, ottobre 31, 2014


Poesie


Il padiglione del vuoto

Vado con la vite
Ponendo domande alla parete
Un suono senza colore
Un colore coperto da un manto.
Però vacillo e momentaneamente
Cieco, posso appena sentirmi.
D’improvviso ricordo,
con le unghie vado aprendo
il tokonoma nel muro.
Ho bisogno di un piccolo vuoto
In cui ridurmi
Per poter riapparire,
Palparmi e porre la fronte al suo posto.
Un piccolo vuoto nel muro.

Sono in un caffè
Moltiplicatore di noia
L’insistente daiquirì
Ritorna come inutile volto
Per morte e primavera.
Percorro con le mani
Il risvolto che mi par freddo.
Non aspetto nessuno
Convinto che qualcuno dovrà pur venire.
D’improvviso, con l’unghia
Abbozzo un forellino nel tavolo.
Ora ho il tokonoma, il vuoto,
L’insuperabile compagnia
La conversazione in un angolo di Alessandria.
Sono con lui in un carosello
Di pattinatori al Prado.
Era un bimbo che respirava
Tutta la tenace rugiada del cielo,
Col vuoto, ormai come un gatto
Che ci avvolge il corpo intero,
D’un silenzio pieno di luci.

Tenere accanto a ciò che ci circonda
Accanto al nostro corpo
L’idea fissa che l’anima nostra
E l’involucro suo son contenuti
In un piccolo vuoto dentro il muro
O in un foglio di carta di seta
Graffiato con l’unghia.
Son fatto un punto che scompare e ritorna
Intero mi contiene il tokonoma.
Mi rendo invisibile
E nel rovescio ricopro il mio corpo
Nuotando sulla spiaggia
Circondato da bacellieri con nivei stendardi,
Matematici e giocatori di pallone
Che descrivono un gelato di mamey.
Il vuoto è più piccolo di una carta da gioco
E può essere grande come il cielo,
Ma possiamo farlo solo con un’unghia
Sul bordo di una tazza da caffè
Nel cielo che ci cade su una spalla.

Il principio s’unisce al tokonoma,
nel vuoto può nascondersi un canguro
senza perdere il giubilo del salto.
L’apparizione di una cavità
È misteriosa e sviluppa il terribile.
Nascondersi è tremare,
Suonano i corni dei cacciatori
Nel bosco congelato.
Ma calmo è il vuoto,
Lo possiamo attirare con un filo
Inaugurarlo nell’insignificanza.
Graffio d’un’unghia sopra la parete
Cade la calce
Qual pezzo di conchiglia
Della celeste tataruga
L’aridità nel vuoto
Sarà il primo o l’ultimo sentiero?
M’addormo, nel tokonoma
Evaporo nell’altro che continua il cammino.

***


Invisibile rumore

Quando s’innalza nel cielo spogliato
Danzando nell’abisso dell’altura
Che cancella nel frutto la figura
Cui danno forma i sensi del suo aroma

Onda breve disfatta nel matraccio,
impero illuso di una mano impura
distacco, fuoco vinto, biancheggiare
d’un mar finito sue ceneri doma.

Per l’odore del frutto trattenuto
Vanno le mani elaborando un senso
A restaurare l’inerzia d’un sorriso.

Così la freccia i suoi silenzi move
E cieca va cercando tra la neve
La propria stella quale frutto e muore.

***

Freccia e distanza sognano il rumore
Molle rugiada cade sulla seta,
A mezzaluna luce nuova pena
Che il suo silenzio magistral ci vieta.

Nell’articolazion sì dolce posa
Lenta dell’irridente fiume l’ombra
Del ciel che rende neve la sua morte,
Come ubriaco della sua scansione.

Non ciò che passa e che muto risuona
Non ciò che cade senza inganno o figura,
Ciò che invece ricade dietro l’ombra.

Peccato senza colpa, eterna pena
Che accompagna e che sfregia l’amarezza
Di ciò che cade e che nessuno noma.


***


Ma se ci assisti; ora là ti vedo
Onda su onda, manto dominato
Che giunge ad invitarmi a ciò che credo;
Il mio verbo, il tuo cielo, l’incarnato.

Tra i rami del ciliegio buon ristoro,
O di vimini in cesti governato
Il brutto nel passaggio ridestato
Si muterà nel volto dell’amato.

Si bagnerà lo spillo nella rosa
Sogno sarà col suo senso l’aroma
Noia l’aria che muove il cavaliere.

L’albero abbasserà la bella voce
La morte cesserà d’essere un suono:
l’eternità è all’ombra tua più breve.

***

Intermezzo ispanico di Pietro

A Gabriella

En el barco de estrelas llega el frìo
Tù dejalo llegar
Hablamos en la tienda de piel
Pajarillos latiendo
A la vela del corazòn.

***

En el barco de tus ojos
Llega el fuego
Lo espero
A luz de los alamos escondidos.

***

Pajaros de tus dientes
Me dan gana
De volar en el cielo de tu piel
Como chispa brotando
Sobre ramas
Nuevas en la primavera de tus manos.

***

Nieve te haces
brotando
En la extensiòn del prado de corderos
Tus pies miden sin miedo
La distancia que nos une.

***

Battaglia cinese

Separati dalla collina ondulata
Due eserciti mascherati
Lanciano interminabili barditi di battaglia.
Il capo nella sua tenda da campo,
interpreta la furia ancestrale del popolo.
L’altro fissando la linea del fiume,
Vede in un altro corpo la sua ombra e si rinnega.
La musica crescendo con il sangue
Precipita la marcia nella morte.
I due eserciti, come avvolti da nubi,
Si addormentano cancellando gli scarti temporali.
Come mutati in pietra stanno i capi
E contan l’ombre sfuggite dai corpi,
Contano i corpi fuggiti lungo il fiume.
Uno degli eserciti riuscì a mantenere
Unita la sua ombra al proprio corpo
Ed il suo corpo con il fiume fugace.
L’altro fu vinto da un immenso deserto sonnolento.
Rende il suo capo la spada con orgoglio.

***

Ah, te ne fuggi!

Ah, te ne fuggi proprio nell’istante
In cui avevi ormai raggiunto la tua miglior definizione
Ah, cara amica che tu non voglia credere
Alle domande della stella appena amputata
Che inumidisce le sue punte in altra nemica stella.

Ah, se potessi essere certo che all’ora del bagno
Quando nella medesima acqua discorsiva
Si bagnano il paesaggio immobile e i più fini animali:
Antilopi, serpenti dal passo breve, evaporato
Sembrano tra i sogni sollevare tranquilli
I capelli più lunghi e l’acqua del ricordo.
Amica se ci avessi lasciato
Nel marmo puro di tutti gli addii
La statua che ci avrebbe accompagnato
Ora che il vento, il vento burlone
Qual gatto si distende
Perché lo definiamo.

***

Minerva definisce il mare

Estrae Prosepina il fiore
Dell’infernale mobile radice
E il granchio seppellito alfin s’innalza
Alla grandezza ammirata del pistillo.
Cinge Minerva dispensatrice
Imbruna e confonde il mare.

Il granchio porta una corona.

Battente spuma, anemone
Sviscera l’orologio della notte
La pinna pettorale del nuotatore Ida.
Il suo petto, delfino oltredorato,
Coltello dell’aurora.
Saltano i pesci ciechi della grotta
Ritorcono, dissimulano, affrettano
I comandi dorati della dea
Colomba emanatrice.
Tra le colonne avvolte dalle alghe
Serpenti, i nascondigli delle aringhe
Socchiudono le labbra biforcute
Dentro i fiori remando i lor contorni
E’ lo specchio che serra il domino
Inciso nella porta cavernosa.
È un albero il suo lampo
Nella notte, nel suo sguardo
È il ragno azzurro che va disegnando
Le stalattiti del proprio tramonto.
Accampano nell’eros conoscente
Il mare che prolunga i suoi agnelli
Di rovine raddoppiate al salubre.
Ed al rintocco di dentati pesci,
Ecco il granchio che porta la corona.
Caduceo di serpi e di verzura
Il mare fronteggia lo specchio,
La sua lotta silente di riflessi
Che disdegna ogni oltraggio
Del nuotator gettato alla marina
Per macinare migliore farina.
Gettando il volto nell’acqua dello specchio
Va interrogando gli staffilati
Trilli del colibrì e il balenottero.
Il dito e il dado
Puntellano il caso
L’eternità nel suo gocciolìo
Il falso tremito del murice secato.
Il mascheron della Minerva
Il grandinare
Delle rovine del suo corinzio
Balbettare,
Ingannano il sale che brucia
Le viscere del mare.

Il ballerino si estende con il fiore
Freddo nelle fauci del pesce
Tra le rocce si estende
Per non giungere al mare.

È rotto il mascheron della Minerva
Non ora la piana di carezze della fronte
E il casco che ricopre le uova della tartaruga.
Saliva sopra il fico della danza,
Esteso il ballerino, in fior riassunto,
Il mare non lo poté toccare,
Tagliato il fuoco per mano dello specchio.
Senza invocarti, maschera colpita di Minerva,
Continua a distribuire agnelli di schiuma.
Scalinata tra il fiore e lo specchio
Il ragno che spalanca l’albero della notte,
Non poté giungere al mare.

Ecco il granchio che porta una corona.

***

La foglia caduta ammiro

La foglia caduta ammiro
Ché nel tuo oblìo decresce
La qualità del sospiro
Fermo che a voce si mesce.

E l’ombra del tuo ritiro
A notte non appartiene
Se insisto e quell’ombra ammiro
La tua assenza crescente non viene

Del vuoto la sostanza
Solo trova il suo concerto
Lo svelarsi elaborando

Presagio di rigido corpo
O dea perduta nel cielo
Che col mio corpo perseguo.

***

Corpo nudo

Corpo nudo nella barca
Un pesce vi dorme accanto
Che fuggito vuota il corpo
D’un nuovo punto d’argento.

Tra quel punto ed il fogliame
Estatica barca esala.
Mi trema la brezza al collo
L’uccello svaporava.

Il magnete tra le foglie
Tesse duplice corona.
Soltanto un ramo caduto
Illesa coglie la barca
Quell’albero che ricorda
Sogno da serpe ad ombra.


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