lunedì, ottobre 13, 2014

A fuoco alto


Avevo centomila anni
ed eccomi gregge ed eccomi foglia morta de eccomi fresco alberello che scuote la chioma davanti a colui che io sono mentre passo in mezzso agli altri
il blu filava la lana o folle o mischie e io seguivo docile la stella strana stella verso quali tardivi re magi conduceva la speranza schiantata con la dura catena ai polsi delle strade stella di sventura luce cardinale ero io o non lo ero piú non sapevo che cosa dire tanto la tristezza conquistata alle parole semplici sbarrava il cammino della ragione che sfuggiva
mai estate piú splendida
mai bellezza accecante ci trovó piú stupidi di quanto fossimo allora sulla strada senza fine dicevano è bel tempo non credevamo ai nostri occhi e nemmeno ci pensavamo ed era inutile nei fiocchi di luce sprofondava la ragione in mulinelli sfavillanti della memoria che avremmo dovuto fare dei giochi amorosi nascosti nell'abbaglio muto della coorte
l'uccello agli anelli del suo canto infilava interminabili promesse di fidanzamento e nell'añpiezza di un popolo intero al centro delle meraviglie sonore e vive ero io solo coperto di solitudine
mentre camminavamo andavamo affanti di bellezza straziata nelle nostre mani ciascuno la sua solitudine fiore solitario invisibile candore che nasconde il rimpianto e la paura senza conoscere da sola la fatica dei nostri corpi invasi tratteneva il pensiero su questa terra maledetta
al diavolo le sofferenze e che si spiaccichi il cuore lunghe crepe al cuore dei muri impliciti sottile speranza sul filo di quei giorni perché la morte unanime non ci ha compresi nel gruppo designato alle maree della dimenticanza inghiottiteci onde assurde nel letto dell'oblio dolce dolcezza dell'oblio

Tristan Tzara
trad. genseki

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