lunedì, settembre 08, 2014

L'olivo di Tiro





Due grandi rocce chiamate Ambrosie galleggiano sulle acque, su di esse:

Fiorisce
Il germoglio di un un olivo altrettanto antico, da nessuno piantato e ad esse unito,
Ombelico della roccia che attraversa le acque, Tra i suoi rami
Riposa un'aquila
E una coppa finemente cesellata. L'albero arde
Sprigionando scintille meravigliose di un fuoco spontaneo
E la fiamma circonda i germogli senza consumarli.
Un serpente è il guardiano dell'albero frondoso
Sí che ne stupiscono lo sguardo e l'udito.
Il serpente, infatti, striscia silenzioso verso l'aquila che si libra in alto,
Ma non la avvolge sinuoso nelle spire minacciose,
Non inietta veleno mortale coi denti, e neppure
L'aquila ghermisce il rettile avvolto in molli spire,
Levandosi a volo e fendendo l'aria,
Né potrebbe lacerarlo con il becco adunco.
Il fuoco non si propaga ai rami, al fusto,
Non consuma il germoglio che permane intatto,
Anzi la fiamma amichevole genera vapore tra le fronde,
Senza consumare le spire scagliose del serpente
Avvolte al fusto, la vampa del fuoco non si trasmette
Alle ali intrecciate ai rami del rapace,
Né la coppa immobile, sospesa in alto precipita per il soffio dei venti

Nonno di Panopoli
Dionisiache

Canto 40 – 468, 491

Trad. genseki




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