lunedì, febbraio 14, 2011

Manuel Maples Arce

Prisma

Io sono un punto morto nel centro del momento
Equidistante al grido naufrago di una stella
Un parco
La luna senza corda
Mi opprime alle vetrate.

Margherite dorate
Che si sfogliano al vento.

Insorta la città di annunci luminosi
Galleggia in calendari,
E poi di sera in sera.
Per la strada stirata si dissangua il tranvai.

L'insonnia come fosse un rampicante,
Si avviluppa ai traliccci del telegrafo
Mentre vanno i rumori scardinando le porte
La notte si fa magra leccando il suo ricordo.

Il silenzio giallino mi risuona sugli occhi,
Prisma, diafana mia, come sentire tutto!

Le separai le mani,
Ma proprio in quel momento
Grigio delle stazioni
Le sue parole fradice mi si strinsero al collo,
E una locomotiva
Assetata di chilometri la strappo' dalle mie braccia.

Il suono delle sue parole oggi è più gelido che mai
E la locura di Edison a mani di pioggia!

Il cielo è un ostacolo al condominio inverso
Rifratto nelle lunule ombrose degli specchi;
I violini non crescono al modo del moscato,
E mentre van le orecchie esplorando il mattino
Rabbrividisce ossuto l'inverno in guardaroba.

Mi debordano i nervi
La stella del ricordo
Naufragava nell'acqua

Del silenzio

Tu de io

Ci incontrammo

Nella notte terribile,

Meditazione tematica
Che appassisce in giardini.

Locomotori, grida,
Arsenali, telegrafi,
E l'amor della vita
Son già sindacalisti,

E tutto si dilata in circoli concentrici.

Trad. genseki

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