martedì, aprile 20, 2010

Barabba

Da: "Il calice dorato"
di Georg Trakl
Trad. genseki

Barabba

Avvenne proprio alla stessa ora in cui trascinavano il figlio dell'uomo verso il Calvario che era il luogo in cui venivano giustiziati i ladri e gli assassini.
Accadde proprio all'ora alta e ardente in cui egli compí l'opera sua.
Accadde in quella stessa ora in cui una rumorosa moltitudine dilagava per le vie di Gerusalemme, tra la moltitudine andava Barabba, ladro e assassino con il capo orgogliosamente eretto.
Intorno a lui andavano puttane ingioellate con le labbra dipinte di rosso
E intorno a lui andavano uomini dagli sguardi illuminati dal vino e dal vizio. In tutti i discorsi era palese il peccato della loro carne; il disordine dei loro desideri era l'espresione dei loro pensieri.
Molti che agitavan lingue ubriache si stringevano a lui e gridavano: “Viva Barabba!” e tutti rispondevano: “Viva Barabba!”. Qualcuno aveva persino gridato: “Osanna!” Ma fu zittito perché giá avevano osannato quell'altro che era entrato in cittá come re e avevano posto foglie fresche di palma ai suoi piedi. Oggi, invece, il suolo lo coprivano di rose rosse e giubilavano: “Barabba!”.
Quando giunsero davanti ad un palazzo udirono provenire da dentro accordi musicali, risate e il rumore di un'orgia.
Un giovanotto vestito riccamente a festa uscí loro incontro. I suoi capeli erano lucidi di olio profumato il suo corpo odorava di costosissime essenze d'Arabia. I suoi occhi brillavano di gioia orgiastica e il sorriso della sua bocca era eccitato per i baci della sua diletta.
Quando il giovanotto ebbe riconosciuto Barabba si fece avanti a gli disse: “Entra nella mia casa o Barabba, devi riposare sui piú morbidi dei miei cuscini, le mie schiave cospargeranno il tuo corpo con il nardo piú costoso, ai tuoi piedi una fanciulla suonerá sul laud le melodie piú dolci, e nelle mie coppe piú preziose ti mesceró i miei vini piú ardenti e nei vini scioglieró le piú perfette delle mie perle. O Barabba sii oggi mio ospite e al mio ospite di oggi appartiene la mia diletta che è piú bella dell'aurora primaverile. Entra o Barabba e corona di rose il tuo capo e rallegrati perché oggi muore colui il cui capo fu coronato di spine.
Avendo quel giovane cosí parlato giubiló il popolo e Barabba ascese la scalinata marmorea come un vincitore. Il giovane si tolse le rose che lo coronavano e le accomodó alle tempie di Barabba, l'assassino. Pi entró in casa con lui mentre il popolo giubilava nella via.
Su morbidi cuscini riposó Barabba le schiave cosparsero il suo corpo con nardo costosissimo, ai suoi piedí una fanciulla suonó il laud e la diletta del giovane si sedette a lui in grembo, era piú bella dell'aurora primaverile. Risuonarono risate, verso inauditi piaceri si affrettarono gli invitati, che tutti erano nemici giurato dell'Unico, serve del sinedrio e farisei.
All'una il giovane chiese che si facesse silenzio, ogni rumore cessó. Allora il giovane riempí la sua coppa dorata con il vino piú costoso e nella coppa il vino era come sangue ardente. Vi gettó una perla e la porse a Barabba. Poi afferró una coppa di cristallo e bevve con Barabba dicendo: “Il Nazareno è morto! Viva Barabba!” E nella sala giubilarono. “Il Nazareno è morto! Viva Barabba!” E il popolo nelle vie gridava:
“Il Nazareno è morto! Viva Barabba!”
Di colpo il sole si spense la terra tremó nel piú profondo e un'orribile oscuritá avvolse il mondo. Tremó la creatura.
Alla stessa ora si compí l'opera della salvezza.

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