venerdì, marzo 26, 2010

Zá-barás

Zá'-barás mi è apparsa questa mattina mentre stavo guardando l'insegna di un ristorante, in realtá non mi ha condotto molto lontano, il messaggio che recava si è fermato a un livello alquanto superficiale. Sembrava promettere di piú. Comunque, eccola qua.

Zá'-barás nel suo manto di squame
Danza nel fuoco spento tra onde e fiamme dimenticate
Danza sulle chiocciole che furono carbone
Sulle foglie scartate dei carciofi
Le capre marine leccano il sale dalla pianta dei suoi piedi
Zá'-barás è un corpo di delfino
Ti si disfa tra le braccia come un banco di alici all'ombra del volo di un gabbiano
Occhi di poseidonia tra gemiti bianchi di gallinelle dalle zampe di corallo
Chi trascina la sua conchiglia sfrigolante
Su cui agita il suo corpo iridato dalle brezze nella samba del sálnitro?
Eccola! Scompiglia lettere e sillabe
Come se un oceano di combinazioni innumerevoli si frangesse sulla scogliera
Sollevando spruzzi di parole sonore come la caduta uno sciame di scarabei
Sul fondo di un vassoio d'argento
Zá'-barás al compasso delle tue chele anche lo scorpione
Si fa mantide e dirige la sua preghiera proprio al cuore dell'amanita esculenta delle spiagge
Zá'-barás
Il polipo vorrebbe aver artigli per ghermire i tuoi seni di di medusa
Il mio corpo ti schiaccia e ti serra in una lotta che mi lascia gli occhi liquefatti
I miei occhi gocciolano dentro di me
Portano la freschezza della tua immagine
Alla mucosa riarsa del palato alla lingua di salgemma
Goccia a goccia gocciola il desiderio di vedere una a una le dita dei tuoi piedi
Trascinarsi a passo di milonga
Sulla battigia che protegge il sole.

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