domenica, marzo 07, 2010

Nadja



Quello che segue è un percorso alll'interno del romanzo Nadja di André Breton. Il percorso passa attraverso diverse tappe secondo la successione delle pagine o in ordine abbastanza casuale. Nadja è lo sventurato oggetto nelle mani di Breton che la modella con una violenza e un cinismo indecifrabili per farne l'incarnazione della possibilità surrealista. Nadja è l'opera d'arte voluta da Breton e scolpita nella sofferenza di una ragazza malata. Si tratta del sacrificio umano surrealista. Quello stesso sacrificio che Bataille teoricamente più, o forse è meglio dire meno, scrupoloso di Breton descrisse ma non giunse mai a realizzare.
Nadja è cosciente per tutto il tempo della violenza che Breton esercita su di lei ed egli, con perfetta onestá artistica non lo cela. Nadja è un storia gotica, un testo del Guignol, una malattia morbosa illuminata da qualche lampo notturno d'amore.
L'arcangelo sulla soglia di questo paese dei supplizi è naturalmente:

Rimbaud

Ove Rimbaud appare come il Verbum il dio della deriva e dello splendore dell'immaginario.

Il potere incantatorio che Rimbaud esercitò su di me intorno al 1915 e che a partire da allora si è distillato nella sua quintessenza in qualche rara poesia come Devozione, è forse, allora ciò che mi ha consentito, un giorno in cui passeggiavo solo sotto una pioggia battente, di incontrare una ragazza, che per prima mi rivolse la parola e senza tergiversare, appena dopo pochi passi si offrì di recitarmi il “Dormeur du Val”. Era una cosa davvero inaspettata, fuori stagione.

A questo passo di Nadja Breton aggiunge nel 1962 la nota seguente:

La parola “incantatorio” deve essere intesa letteralmente. Per me il mondo esteriore corrispondeva in ogni istante al suo mondo, che per dirlo piú chiaramente lo quadricolava: sul mio percorso quotidiano al margine di una città che era Nantes, si stabilivano folgoranti corrispondenze con il suo. Un angolo di villette, la linea dei loro giardini, io riconoscevo tutto questo come attraverso il suo occhio, creature apparentemente ben vive che, all'improvviso scivolavano nella sua scia.

Sul lavoro

Qui Breton tratta credo più direttamente del lavoro “poetico”, ma non necessariamente. La concezione del lavoro che sviluppa nelle linee che seguono egli afferma doverla al suo incontro con Nadja.

… e, soprattutto che non mi si venga a parlare di lavoro, voglio dire del valore morale del lavoro. Sono obbligato ad accettare l'idea del lavoro come necessità materiale, e in questo senso sono estremamente favorevole a una sua migliore e più giusta ripartizione. È già abbastanza che le sinistre necessità della vita mi obblighino a lavorare, ma, per favore, non mi si obblighi a crederci, a riverire il mio o quello degli altri. Questo, poi, giammai.
Preferisco ancora una volta avanzare al buio piuttosto che volermi credere uno di quelli che procedono in piena luce.
Non serve a niente essere vivi per tutto il tempo in cui si lavora. L'avvenimento dal quale ciascuno ha il diritto di aspettarsi la rivelazione del senso della propria vita, questo avvenimento che forse io non ho ancora trovato ma sul sentiero de quale cerco me stesso, non lo si compra con il lavoro...

Il primo ritratto di Nadja

… vedo una giovane, vestita molto poveramente, anch'ella mi vede. Avanza a testa alta, a differenza degli altri passanti. Così gracile che pare appena gravare il suolo nell'andare. Un sorriso impercettibile sembra errare sul suo viso. Truccata in modo curioso, come chi, avendo cominciato dagli occhi, non ha avuto tempo di finire. Il bordo degli occhi, tuttavia, troppo nero per una bionda. Il bordo, non la palpebra (un tale effetto lo si ottiene solo passando con cura la matita sotto la palpebra. (...)
Non avevo mai visto occhi così. Senza esitazione rivolsi la parola alla sconosciuta, aspettandomi il peggio, ne convengo. Ella sorrise, ma molto, misteriosamente, direi come se la sapesse lunga, anche se allora non potessi saperlo io,

L'apparizione di Nadja preparata dalla rivelazione di Blache Derval-Solange, (è come se Nadja uscisse fuori da Blanche-Solange, come se si duplicasse da lei) richiama certe atmosfere stilnoviste, o forse preraffaellite e forse perfino francescane. L'osservazione che Nadja e pare appena toccare il suolo richiama alla mente le rappresentazioni pittoriche gotiche in cui i personaggi paiono come sospesi con le punte dei piedi rivolte verso il baso in diagonale su sfondi d'oro chiaro.

Ancora sul lavoro
p. 34

La maggior parte dei viaggiatori sono persone che escono dal lavoro. Ella si siede in mezzo a loro, ella cerca di sorprendere sul loro volto quello che può costituire l'oggetto delle loro preoccupazioni. Pensano, per forza a quello che appena cessato di fare fino all'indomani, e poi a quello che gli aspetta la sera, che li rilasserà o li renderà ancora più ansiosi. Nadja guarda qualche cosa in aria: - “Ci sono brave persone”. Ancora più emozionata di quanto io mi sforzi di non apparire. Questa volta mi irrito: - “Ma no, le cose non stanno così, questa gente non è interessante per il fatto di sopportare il lavoro o altre miserie. Come potrebbe elevarli una vita così se la rivolta non è forte in loro più forte? Adesso, Lei o nota, del resto, non ci vedono. Odio, con tutte le mie forze, questo servilismo che mi si vuole proporre come un valore. Compiango l'uomo condannato a questa pena, che, in generale non vi si può sottrarre, ma non è la durezza della sua condizione che mi muove a compassione, bensì solo e soltanto il vigore della sua protesta. Io so che presso il forno di un'officina o di fronte a una di quelle macchine inesorabili che impongono tutto il giorno, con intervalli di qualche secondo, la ripetizione dello stesso gesto, o in qualsiasi altro luogo e sotto gli ordini meno accettabili, o in cella, o davanti a un plotone d'esecuzione, ci si può sentire liberi, ma non è il martirio che si subisce che crea questa libertà. Questa libertà piuttosto uno svincolarsi permanente e, inoltre, perché questo svincolarsi sia possibile bisogna che i vincoli non ci strozzino come invece avviene con molti di coloro di cui Lei parla. La libertà, tuttavia, è anche, forse umanamente molo di più, la meravigliosa serie dei passi che è consentito all'uomo di fare senza vincoli, Questi passi costoro li saprebbero fare?, Ne hanno almeno il tempo?, Il cuore? Brava gente? Si, come coloro che si fanno ammazzare in guerra …
Quanto a me, io confesso che per me questi passi sono tutto. Dove vanno? Questa è la vera domanda. Finiranno per descrivere un cammino e su questo cammino, forse, potrà apparire il mezzo per liberare dai vincoli o aiutare a liberarsi coloro che non hanno potuto seguirlo. Solo allora sarà bene aspettare un po', senza però tornare indietro.”

Questa lunga perorazione rabbiosa e ribelle potrebbe parere fuori luogo, non saprei spiegare perché a me non lo sembra se non ricorrendo al dubbio argomento autobiografico che ha messo è successo diverse volte di pronunciare simili perorazioni in situazioni astrattamente analoghe e anche peggio.

Nadja non cercò di contraddirmi... portò invece il discorso sulla sua salute, molto compromessa .

Secondo ritratto di Nadja

Abbastanza elegante, in rosso e nero, un cappello ben scelto che si tolse, lasciando scoperti i capelli avena che avevano rinunciato al loro incredibile disordine, porta calze di seta e scarpe perfette.

Nella descrizione precedente non si trova nessuna osservazione sul colore e neppure sul disordine dei capelli di Nadja. Il disordine dei capelli, evidente simbolo della deriva, appare invece qui dove Nadja si presenta in forma ctonia, come quasi una divinità della soglia.

Place Dauphine

Place Dauphine è uno dei luoghi più profondamente ritirati che io conosca, uno dei peggiori terreni vaghi che vi siano a Parigi, Ogni volta che mi ci sono trovato ho sentito che poco a poco la voglia di andare altrove mi abbandonava, ho dovuto discutere con me stesso per liberarmi da una stretta dolcissima, troppo gradevolmente insistente e sfibrante. Inoltre ho abitato per qualche tempo un hotel che dava su questa piazza: “City Hôtel, in cui il via vai a ogni ora, di giorno e di note è sospetto per chi non si accontenta di soluzioni troppo semplici),

Veggenza

Lo sguardo di Nadja fa il giro delle case, ora: “La vedi quella finestra lassù? È nera, come tutte le altre. Guarda bene. Fra un minuto si illuminerà. Sarà rossa.

Place Dauphine spaventa Breton e Nadja un sentimento di paura, dice Nadja: “Che orrore! Lo vedi quello che succede tra gli alberi? È il vento azzurro? L'azzurro è il vento, il vento azzurro. Una sola altra volta ho visto passare il vento azzurro sotto questi stessi alberi...”

Il getto d'acqua

Verso mezzanotte, eccoci alle Tuileries, ove ella desidera che ci sediamo un momento. Davanti a noi sprizza un getto d'acqua di cui sembra seguire la curva. “Sono i tuoi pensieri e i miei, Vedi da dove partono tutti, fino a dove si innalzano, e poi è ancora più bello quando ricadono, poi si fondono all'improvviso e di nuovo risalgono e poi ancora questo slancio spezzato, questa caduta... e così via, indefinitamente”. Io esclamo: Nadja, che strano! Dove sei andata a prendere proprio questa immagine che si torva rappresentata quasi nella stessa forma in un'opera che tu non puoi conoscere e che ho appena letto?”

Nadja

… ella è pura, libera da ogni legame terrestre, … ella appartiene appena, ma meravigliosamente alla vita. Tremava, ieri, di freddo forse. Vestita così leggera.

Un bacio

Bacio con rispetto i suoi denti bellissimi e ella dice, con gravità e lentamente, la seconda volta in una tonalità più alta della prima: “La comunione avviene nel silenzio...La comunione avviene nel silenzio.”. Mi spiega che questo bacio le lascia la sensazione di qualche cosa di sacro, ove i suoi denti “stavano al posto dell'ostia”.

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