lunedì, settembre 14, 2009

Filosofia e sapienza

Scrive il giovane Hegel:

"Tutti i moscerini della soggettivitá bruciano in questo fuoco distruggitore, ed è annientata anche la coscienza di questo sacrificio e annientamento".

Il fuoco è qui la filosofia, o la scienza. Il linguaggio è quello della mistica. La metafora degli insetti e del fuoco, siano essi farfalle, mosche o moscerini è una dele piú antiche del linguaggio mistico da Attar di Nishapur in avanti, si trova in Leonardo (Il parpaglion che fere la lumiera...) e in Goethe. La coscienza scompare in uno sfrigolante bagliore e si fa istantaneamente una sola cosa con il tutto, Si tratta, naturalmente di uno istantaneamente eterno e in cui anche lo sfrigolio ha un proprio valore teoretico.
Comunque proprio in una delle ultime stazioni sul cammino del grande santuario fenomenologico incontriamo una formula apparentemente mistica.
La fine della filososfia è anche fine della soggettivitá e della coscienza.
Se le cose stanno cosí peró, il supremo compimento della filosofia non ha piú nulla a che fare con la vita. È puro oltre, oltre ogni orizzonte, cioé, giacché non vi è orizzonte alcuno ove non vi sia soggettivitá.
La filosofia si compie, si attualizza, finisce con la distruzione del soggetto.
Tra il soggetto e la sua distruzione resta peró "lo sfrigolío" della fiamma. Il compimento non è mai compiuto completamente. Tra il compimento e il suo compiersi resta uno iato.
Questo iato è la spazio della sapienza. Tra coscienza e spirito sta la sapienza, seduta in profonda concentrazione, attenzione, samadhi.
Le parole fiammeggianti di Hegel lasciano lo spazio alla fresca brezza di una poesia di Dogen:

La persona autentica non è
Un individuo particolare
Come l'azzurro profondo del cielo illimitato
Essa è ogni persona
Ovunque nel mondo.

Dogen

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