mercoledì, maggio 06, 2009

Tra due mondi

nel viaggio il tempo si muta in spazio e lo spazio in tempo, o qualche cosa del genere, insegna la logica della dialettica. nel viaggio io quasi non vivo, mi sospendo, mi procrastino, aspetto di ritrovarmi dopo essermi abbandonato come un bagaglio ingombrante e di poco valore in una stazione da cui i treni posson solo partire.
Quel viaggio mi condusse dalla carnalitá del maggio sanguinoso alla fredda nebbiolina di un aprile apeninnico. Era un viaggio esattamente al confine tra la vita e la morte. Ma anche i confini, le linee, le soglie e i limiti hanno un dentro e un fuori rispetto a se stessi, naturalmente, e non a quanto delmitano. Mi trovavo piuttosto dentro, cioè verso il lato della morte, dal quale osservare la via come un'abitudine.
Fu certo una specie di caso che finissi per incontrare L. ad un casello autostradale che é l'equivalente moderno di un quadrivio sacro al Dio Messaggero, sotto una pioggia furiosa. La invitai a un caffé lassú oltre il bosco nebbioso e spoglio che tardava ad aprirsi al rigoglio stagionale fino all'umido santuario inevitabilmente grotta.
La cameriera era un giovane travestito alla soglia di una trasformazione forse radicale, non ancora nemmeno crisalide il cui culo magro stretto in un paio di pantaloni floreali suscitava in me forsennati e dolenti desideri carnali.
Figura sospesa tra due mondi di cui uno pareva pura negazione.
Un angelo bianco piú gonfio di una porcheria di Botero presideva al nostro malinconico rito.
Ma lei era per me sempre la raggiante.
La regina del bosco che lo ignora e si ignora perduta nel suo sogno di tetti e cortili.

genseki

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