lunedì, gennaio 12, 2009

Tucidide a Gaza


DIALOGO DEGLI ATENIESI E DEI MELI
(Tucidide V 84 114)
Il dialgo si svolge nell'anno 416 a.C. a Melo, isola delle cicladi legata a Sparta per la discendenza da una stirpe comune
Gli ateniesi propongono ai Meli di sottomettersi e di pagare un tributo al loro impero
Melo si trova davanti a un’alternativa:
accettare il dominio e salvarsi, o resistere, cosa che avrebbe causato l’assedio, la conquista e la distruzione della città.
Nelle pagine seguenti di Tucidide è delineata una situazione astrattamente molto simile a quello che accade oggi in Gaza.
Certo il lucido, tagliente realismo degli ambasciatori ateniesi è a un altro livello stilistico e intellettuale rispetto all'ipocrita, ripugnante, ingiustificabile vittimismo dei dirigenti israeliani.
Certo il destino dei Meli appare meno brutale alla fine di quello che attende i palestinesi. I bambini in special modo non sono bruciati vivi nelle loro scuole ma venduti come schiavi. Si puó discutere su quale delle due sventure sia meno ignobile.
Tuttavia si propone qui, forse per la prima volta il dilemma, se la resistenza disperata per la dignitá e per "l'onore" sia alla fine morale. Se piegarsi alla forza da parte del piú debole e quindi aderire liberamente alla necessitá non sia la vera forma che in questa circostanza assume la libertá.
Su questo dilemma va giudicata Hamas. E il giudizio è terribilmente difficile.
Come i Meli i Palestinesi non hanno amici. Né gli arabi, né gli spartani lo sono. Come i Meli anch'essi sono messi davanti alla scelta tra la sottomissione e la distruzione.
Come i Meli esssi sembrano aver scelto la distruzione.
Certamente l'Impero ateniese era un momento della storia, lo Stato di Israele solo pura negativitá. Ma l'analogia resta.

84, 1 Nell’estate seguente Alcibiade giunse per mare ad Argo con venti navi e arrestò trecento Argivi sospetti di favoreggiamento per Sparta: gli Ateniesi li deportarono nelle isole vicine loro suddite. E gli Ateniesi fecero una spedizione contro l’isola di Melo con trenta navi loro, sei di Chio, due di Lesbo, e con 1200 opliti, 300 arcieri e 20 arcieri a cavallo venuti da Atene, 1500 opliti circa venuti dagli alleati e dagli isolani.
2 I Meli infatti sono coloni dei Lacedemoni e non volevano sottostare ad Atene come gli altri isolani, ma dapprima se ne stavano tranquilli in quanto neutrali, poi, costretti dagli Ateniesi che ne devastavano la terra, si volsero aguerra aperta.
3 Invasa la terra e accampatisi con questi contingenti, gli strateghi Cleomede di Licomede e
Tisia di Tisimaco, prima di colpire il territorio, inviarono ambasciatori per intavolare una discussione. Ma i Meli non li condussero davanti al popolo, bensì li invitarono a parlare su quegli affari, per i quali erano venuti, stando davanti ai magistrati e agli oligarchi.

85 E gli ambasciatori ateniesi così parlarono: «Dal momento che la discussione non ha luogo in presenza del popolo, evidentemente perché esso resti ingannato non potendo udire, in un discorso continuato, argomenti persuasivi e inconfutabili una volta per tutte (abbiamo capito, infatti, che questo è lo scopo per cui ci avete condotto in disparte di fronte agli oligarchi), voi che siete qui seduti cercate di agire in modo ancor più sicuro. Rispondete punto per punto, e neppure voi con un discorso continuato, ma replicando subito a quelle frasi che a vostro parere sono inesatte. E dapprima diteci se vi piace la proposta che vi facciamo».

86 E i consiglieri Meli risposero: «La ragionevolezza dell’informarci tranquillamente a vicenda non incontra il nostro biasimo, ma i preparativi di guerra, che sono già qui presenti e non tarderanno a mostrarsi, ci appaiono discordanti da tutto ciò. Vediamo che voi siete venuti qui a giudicare ciò che diremo, e che la conclusione della discussione, se, come è naturale, noi avremo la meglio in difesa del diritto e perciò non cederemo, ci porterà la guerra, mentre ci porterà la schiavitù se ci faremo persuadere».

ATENIESI 87 «Se siete venuti qui con noi per far calcoli sui vostri sospetti per il futuro, o per qualche altro scopo che non sia quello di prendere per la città, sulla base delle circostanze presenti e di ciò che sta sotto i vostri occhi, una deliberazione che la salvi, smetteremo di parlare; se invece siete venuti proprio per questo, parliamone».

MELI 88 «È naturale e comprensibile per persone che si trovano in questa situazione volgersi a
considerare tante cose, sia con parole che con supposizioni. Pure, la presente riunione è stata indetta per discutere della nostra salvezza, e la discussione si svolga, se vi piace, nel modo in cui ci invitate a discutere».

MELI 90 «A nostro parere, almeno, è utile (è necessario infatti usare questo termine, dal momento che avete proposto di parlare dell’utile invece che del giusto) - è utile che noi non distruggiamo questo bene comune ma che sia salvaguardato il diritto che spetta a colui che di volta in volta si trova in mezzo ai pericoli, e che sia avvantaggiato colui che riesce a persuadere un altro anche senza raggiungere i limiti dell’esattezza più rigorosa. E questo fatto non è meno utile nei vostri riguardi, in quanto in caso di insuccesso sarete d’esempio agli altri a prezzo di una severissima punizione».

ATENIESI 91, 1 «Ma noi non temiamo la fine del nostro impero se anche dovesse finire, perché non sono terribili per i vinti quelli che come i Lacedemoni comandano ad altri (e del resto la presente contesa non riguarda noi e i Lacedemoni), bensì i soggetti, qualora di propria iniziativa assalgano chi comanda e lo sottomettano.
2 E su questa questione ci sia permesso di correre rischi: ma che noi siamo qui per favorire il
nostro impero e che per salvare la nostra città ora vi facciamo questi discorsi, tutto ciò ve lo mostreremo, intenzionati a comandare a voi senza spendere fatica e a salvarvi con vantaggio di entrambi».

MELI 92 «E come può derivare dell’utile a noi dall’essere vostri schiavi, come a voi dal
comandarci? ».
ATENIESI 93 «Perché a voi toccherebbe obbedire invece di subire la sorte più atroce, mentre noi , se non vi distruggessimo, ci guadagneremmo».

MELI 94 «E non potreste accettare che noi, restando in pace, fossimo amici invece che nemici, ma alleati di nessuna delle due parti? ».

ATENIESI 95 «No, perché la vostra ostilità non ci danneggia tanto quanto la vostra amicizia, manifesto esempio per i sudditi della nostra debolezza mentre l’odio lo è della nostra potenza».

MELI 96 «È così che vedono la giustizia i vostri sudditi, sì da porre sullo stesso piano quei popoli
che non hanno niente a che fare con voi e quelli che, vostri coloni per la maggior parte e vostri ribelli in un certo numero, sono stati da voi assoggettati? ».

ATENIESI 97 Sì, perché credono che né gli uni né gli altri manchino di giustificazioni per se stessi, e credono che alcuni di loro possano salvarsi grazie alla loro potenza, mentre noi non li assaliamo per paura. Sicché, oltre a farci comandare a un maggior numero di persone, voi con la vostra sottomissione ci fornireste un motivo di sicurezza, tanto più se, isolani e per giunta più deboli di altri, voi foste sconfitti da un popolo dominatore del mare».

MELI 98 «E nell’altro caso non credete di trarne sicurezza? Giacché, come voi ci avete distolto dal discorrere della giustizia e ci avete consigliato di obbedire a ciò che è utile per voi, così noi, mostrandovi il nostro vantaggio, dobbiamo cercare di persuadervi che il nostro utile può coincidere col vostro. E in realtà tutti coloro che ora sono neutrali, come non ve li renderete nemici allorché, guardando a quanto avviene a noi, penseranno che un giorno voi assalirete anche loro? In tal caso, che altro farete se non accrescere il numero dei vostri nemici e persuadere i riluttanti ad esserlo, anche se ora non ne hanno alcuna intenzione?».

ATENIESI 99 «No, perché noi non consideriamo pericolosi coloro che, abitatori di qualche parte della terraferma, grazie alla loro intatta libertà si guarderanno bene dallo stare sulla difensiva nei nostri riguardi; al contrario, noi temiamo quelli che, da qualche parte, sono isolani e non soggetti al nostro impero, come voi, insieme con coloro che ormai sono esasperati dalla costrizione del nostro dominio. Perhé costoro, abbandonandosi a calcoli errati, potrebbero numerosissime volte esporre se stessi e noi a un manifesto pericolo».

3
MELI 100 «Certo, se voi affrontate tali pericoli perché il vostro impero non abbia mai fine, e se i
vostri sudditi li affrontano per liberarsene, per noi che siamo ancora liberi sarebbe grande viltà e debolezza non affrontare ogni rischio prima di essere schiavi».

ATENIESI 101 «No, se la vostra deliberazione sarà ispirata a saggezza: ché per voi la lotta ora non è su un piano di parità, per decidere della vostra valentia, e cioè perché non siate tacciati di un’onta; ora piuttosto si decide la salvezza, cioè di non opporsi a chi è molto più forte».

MELI 102 Ma noi conosciamo le vicende della guerra, che talvolta danno una sor te comune alle
due parti avverse più di quanto ci si potrebbe aspettare dalla disparità delle forze; e per noi il cedere immediatamente ci priva di ogni speranza, mentre con l’agire c’è ancora qualche speranza di restare ritti in piedi».

ATENIESI 103, 1 «Ma la speranza, che incoraggia al pericolo, se anche danneggia quelli che vi si
affidano in una situazione di abbondanza, pure non li rovina. Ma quelli che tentano la sorte con tutte le loro sostanze (ché la speranza è per sua natura prodiga), la conoscono subito appena scivolano: essa però non lascia indietro qualche occasione perché uno possa poi stare attento, una volta che l'ha conosciuta.
2 E voi, che siete deboli e vi potete permettere una sola gettata di dadi, non vogliate subire questo danno o rendervi simili a molti uomini che, pur potendo salvarsi con mezzi umani, una volta che la speranza di manifesti aiuti li abbia abbandonati in mezzo alla sventura, si volgono alla speranza di ricevere soccorsi invisibili, e cioè alla mantica e ai vaticini e a tutte le altre cose di questo genere che affliggono gli uomini insieme cole speranze.

MELI 104 «Certo anche noi, siatene sicuri, pensiamo che è difficile lottare contro le vostre forze e
contro la sorte, se essa non sarà favorevole. Pure, noi confidiamo di non essere da meno per quanto riguarda la sorte che ci manderà la divinità, giacché noi, pii, ci opponiamo a persone ingiuste, e abbiamo fiducia chl l’inferiorità delle nostre forze sarà compensata dall’alleanza coi Lacedemoni, i quali saranno costretti ad aiutarci se non altro per dovere di consanguineità e per sentimento dell’onore. E insomma, la nostra audaci non ci sembra del tutto infondata».

ATENIESI 105 1 «Ma per quanto riguarda la devozione dei sentimenti verso la divinità, neppure noi crediamo di essere da meno, perché noi non pretendiamo né portiamo ad effetto alcuna cosa che devii dalle umane credenze nei confronti della divinità o dai desideri degli uomini nei confronti di se stessi.
2 Noi crediamo infatti che per legge di natura chi è più forte comanda: che questo lo faccia la divinità lo crediamo per convinzione, che lo facciano gli uomini lo crediamo perché è evidente. E ci serviamo di questa legge senza averla istituita noi per primi., ma perché l’abbiamo ricevuta già esistente e la lasceremo valida per tutta l’eternità, certi che voi e altri vi sareste comportati nello stesso modo se vi foste trovati padroni dellastessa nostra potenza.
3 E così nei confronti della divinità, per quanto è probabile, non crediamo di essere inferiori a voi; quanto alla convinzione che avete nei riguardi dei Lacedemoni, per cui confidate che accorreranno in vostro aiuto per un sentimento d'onore, noi, pur considerando beata la vostra inesperienza, non invidiamo la vostra pazzia. 4 I Lacedemoni, di solito, sono valorosi quando sono chiamati in causa loro stessi con le loro consuetudini patrie, ma sul loro modo di trattare gli altri, sebbene vi sia molto da dire, pure in breve si potrebbe mostrare che costoro, nel modo più evidente tra tutti gli uomini che conosciamo, considerano onesto ciò che è piacevole e giusto ciò che è utile. Eppure, una tale convinzione non reca vantaggio agli irrazionali tentativi di salvezza a cui ora vi volgete».

MELI 106 «Ma noi abbiamo fiducia che per via dell’utile che ne deriva i Lacedemoni non vorranno, col tradire i Meli loro coloni, diventare infidi a quei Greci che sono favorevoli a loro e utili a quelli che sono loro nemici».

ATENIESI 107 «Non credete che l’utilità si accompagni alla sicurezza, mentre il giusto e l’onesto si compiono con pericolo (cosa che, solitamente, i Lacedemoni non osano fare)? ».

4
MELI 108 «Ma noi crediamo che loro tanto più affronteranno il pericolo per noi e lo
considereranno meno grave di quello affrontato per altri, in quanto noi siamo situati vicino alle azioni militari del Peloponneso e siamo più fidati di altri per via della consanguineità che si rivela nel nostro modo di pensare».

ATENIESI 109 «Ma la sicurezza, ai soccorritori, non è data dal benvolere di chi li ha chiamati in aiuto, ma solo dalla propria eventuale superiorità nell’agire, e a questo i Lacedemoni badano più degli altri (per sfiducia nel proprio apparato militare assalgono i vicini ricorrendo perfino all’aiuto di molti alleati), sicché non è probabile che compiano la traversata per arrivare fino a un'isola mentre noi siamo signori del mare».

MELI 110, 1 «Essi però potrebbero anche delegare altri a farlo, e vasto è il mare di Creta, in cui la cattura di qualcuno da parte di chi ne ha il controllo è più difficile di quanto non lo sia la salvezza di chivuole passare inosservato.
2 E se fallissero in questo intento, potrebbero anche rivolgersi contro la vostra terra e contro quegli alleati che vi sono rimasti e che Brasida non ha assalito; e le difficoltà allora non sorgerebbero tanto per una terra che non vi riguarda, quanto per la difesa del vostro suolo e di quello degli alleati».

ATENIESI 111, 1 «Ma una di queste eventualità non si potrà realizzare se non dopo che voi avrete sperimentato la vostra sorte e imparerete che gli Ateniesi non si sono mai ritirati da un assedio per timore di altri.
2 E noi riflettiamo che, pur avendo detto di volerci consultare per provvedere alla vostra salvezza, in questa discussione voi non avete detto ancora niente che possa dare agli uomini la fiducia di potersi salvare. Al contrario, le vostre maggiori forze sono rappresentate da speranze di cose di là da venire, mentre le forze che sono qui presenti sono insufficienti a vincere quelle schierate di fronte. E voi mostrate grande irragionevolezza se, dopo averci congedati, non prenderete qualche decisione più equilibrata di questa.
3 Che certo non vi volgerete a quel sentimento di onore, il quale procura grandi rovine agli uomini quando sorge in mezzo ai pericoli più evidenti e dall’esito più vergognoso. Infatti a molti, che pur prevedevano a che cosa andavano incontro, il cosiddetto sentimento dell’onore, sorretto dalla forza di un nome ingannevole, trascinò con sé, una volta che le suddette persone furono vinte da quella parola, il destino di piombare volontariamente nelle sciagure più atroci e di attirarsi per colpa della loro stessa irragionevolezza una vergogna più vergognosa che se fosse dipesa dalla sorte. 4 Ma da questo avvenire, se la vostra decisione sarà saggia, voi vi guarderete, e non considererete sconveniente essere vinti dalla più potente città, la quale vi sollecita a obbedire alle sue moderate richieste, a divenirne alleati conservando la vostra terra (pur essendo
sottomessi a un tributo) e, quando vi si concede la scelta tra la guerra e la sicurezza, a non intestardirvi nella soluzione peggiore. Coloro che non cedono a chi è pari di forze, si comportano al meglio di fronte ai più forti e sono moderati verso i più deboli, costoro ottengono i più grandi successi. 5 Riflettete dunque, anche dopo la nostra partenza, e ricordatevi più volte che state per prendere una decisione che riguarda la vostra patria, la quale è una sola e la cui salvezza dipende da un’unica decisione, a seconda che essa sia quella giusta o meno».

112, 1 Gli Ateniesi abbandonarono la discussione: i Meli, trattisi in disparte, poiché le loro vedute erano pressappoco simili alle risposte date nel dibattito, così risposero:
2 «Le nostre convinzioni non sono mutate, o Ateniesi, né in così breve tempo priveremo della sua libertà una città abitata già da settecento anni, ma fiduciosi nella sorte che ci manda la divinità, la quale ha sempre salvato la città fino ai nostri giorni, fiduciosi inoltre nel soccorso degli uomini e dei Lacedemoni, cercheremo di salvarci.
3 Noi vi proponiamo di esservi amici, e nemici di nessuna delle due parti in lotta, e vi invitiamo a ritirarvi dalla nostra terra dopo aver concluso un trattato che sembri essere utile sia a noi che a voi».

113 Così dunque risposero i Meli; gli Ateniesi, sciogliendo ormai il convegno, dissero: «Certo, a giudicare da vostre decisioni, voi, soli tra tutti quelli che conosciamo, considerate più sicuro il futuro del presente e, per il fatto che lo desiderate, contemplate l’incerto come se si stesse già realizzando e, gettandovi nelle braccia dei Lacedemoni e delle speranze e della sorte, quanto più siete pieni di fiducia, tanto più conoscerete gravi sciagure».

114, 1 E gli ambasciatori ateniesi tornarono al loro esercito: gli strateghi ateniesi, poiché i Meli non cedevano, si dettero subito alle operazioni belliche e, essendosi diviso il lavoro città per città, assediarono tutto all'intorno i Meli.
2 E in seguito gli Ateniesi, dopo aver lasciato per terra e per mare una guarnigione composta dai loro soldati e da quelli degli alleati, si ritirarono con il grosso dell'esercito. Quelli lasciati a Melo, rimanendo sul posto, continuavano l'assedio.
(…)
116, 3 Arrivò da Atene un altro esercito al comando di Filocrate di Demea, e i Meli ormai erano stretti da assedio a tutta forza; verificatosi anche un tradimento, si arresero agli Ateniesi a condizione che questi decidessero dei Meli secondo la loro discrezione.
4 E gli Ateniesi uccisero tutti i Meli adulti che catturarono e resero schiave le donne e i bambini; abit arono quindi loro stessi la località, dopo avervi inviato cinquecento
coloni.

4 commenti:

L'agliuto ha detto...

Caro Genseki,
il tuo non aver risposto ai miei commenti precedenti non è un buon motivo - spero - per tacere. D'altra parte vedo che non sei solito rispondere, neppure ad altri. Permettimi, sicché, qualche considerazione.

Intervengo qui, perché il tuo paragone tra gli ateniesi di ieri ed i sionisti d'oggi, speculare a quello tra le resistenze palestinese e melia [meliota?], è suggestivo. Dici benissimo che "il lucido, tagliente realismo degli ambasciatori ateniesi è a un altro livello stilistico e intellettuale rispetto all'ipocrita, ripugnante, ingiustificabile vittimismo dei dirigenti israeliani".
In effetti quel vittimismo sionista fa parte della classica sindrome del bambino viziato ("Ha cominciato lui, Hamas"), emblematizzata nel napoletano 'chiagnere e fottere' e - guarda caso - nell'ebraico bokhim we yorim (che ne è la traduzione letterale). Ho scritto "vittimismo sionista". Se non fosse per più d'un ebreo valoroso (e pio), che rifiuta l'equazione «ebraismo=sionismo», avrei scritto "vittimismo ebreo". Del resto, non tutte le donne sono femministe (il che unisce sionisti e femministe all'insegna del vittimismo, grimaldello satanico - perdonami la digressione - atto a scardinare il vaso di Pandora delle due tradizionali forme di clausura non monastica, cioè la casa per la donna ed il ghetto per l'ebreo).

Un passo indietro. È vero che l'eleganza ateniese sta agli antipodi della cafonaggine sionista, eppure la frase di Tucidide (par. 90 del brano da te riportato), pronunciata dal meliota, fa riflettere: "Avete proposto di parlare dell’utile, invece che del giusto". Non ci vedi l'esordio della modernità? Prima del VI secolo a.C. sarebbe stato impensabile - credo - anteporre l'utile al giusto.
Ciò, tra l'altro, mi fa apprezzare l'atteggiamento suicida dei melioti, perché l'alternativa tra sopravvivenza ed onore non si pone affatto, per il nobile, sopravvivere nel disonore significando nuovamente anteporre l'utile al giusto. Al riguardo, anche la professione ateniese di fede ("crediamo infatti - 105, 2 - che per legge di natura chi è più forte comanda; che questo lo faccia la divinità lo crediamo per convinzione, che lo facciano gli uomini lo crediamo perché è evidente") è sorprendentemente moderna, ovvero meschina.
Viceversa, l'ingenuità meliota del contare sugli spartani (possibile che Leonida sia stato l'ultimo re autentico?) fa il paio col tradizionale affidarsi alla volontà divina: "Noi confidiamo - 104 - di non essere da meno, per quanto riguarda la sorte che ci manderà la divinità, giacché noi, pii, ci opponiamo a persone ingiuste". Parlavo di ingenuità anche e soprattutto nel senso etimologico di "genuinità" e di "conformità alle origini" (o originalità, non come si intende quest'ultima oggi), nel senso insomma dell'in genua procumbere classico che sta sia per "inginocchiarsi" che per "partorire".

Quanto appena detto non è una critica, sia chiaro, alla tua domanda "se piegarsi alla forza da parte del piú debole e quindi aderire liberamente alla necessitá non sia la vera forma che in questa circostanza assume la libertá". Tanto più che legittimamente osservi quanto "il destino dei Meli appare meno brutale alla fine di quello che attende i palestinesi. I bambini in special modo non sono bruciati vivi nelle loro scuole ma venduti come schiavi. Si puó discutere su quale delle due sventure sia meno ignobile". Effettivamente la regola tradizionale prevedeva sì la morte del nobile, in un caso del genere, ma la sopravvivenza, sia pure in condizioni degradate, delle donne e dei bambini.
Anche stavolta, però, sarebbe da chiarire se i sionisti abbiano proposto ai palestinesi la sottomissione, col pagamento del relativo tributo, in cambio del "conservare la propria terra" (111, 4). Non direi. L'obiettivo sionista sembra esser lo stesso degli statunitensi che, tra il 1790 ed il 1890, sterminarono i pellerossa. Anche allora ci volle un secolo. A proposito di storia, come non condividere il tuo "l'Impero ateniese era un momento della storia, lo Stato di Israele solo pura negativitá"? Ciò nonostante, se pensiamo che questa età arrugginita deve concludersi con l'avvento dell'Anticristo-Dajjal, i cui prodromi sono la ricostruzione del Tempio, forse anche il sionismo fa parte della storia.

Scusa la prolissità. E grazie per l'attenzione.
Un caro saluto.
Asno


P.S. Se giudichi impubblicabile quanto precede non posso darti torto. Ma vorrei pregarti, in tal caso, di darmi un cenno di riscontro (renato.scimmia@email.it). Grazie ancora.

Pietro Cadelli ha detto...

Caro Asno,

grazie per il commento e sono io che devo scusarmi per le mancate risposte. Ho visitato tuttavia molte volte il suo blog e queste visite mi hanno confortato. Il fatto è che non ricevo molti commenti e quei pochi da persone molto intime, anche alcuni anonimi e, probabilmente non so bene come com`portarmi con i miei ospiti "virtuali". Alcune delle sue puntualizzazioni mi paiono utili complementi al mio post.
Sono d'accordo fondamentalmente sulla sua valutazione della posizione ateniese e sulla sua interpretazione della decisione dei Meli. La frase sulla qualitá della argomentazione degli ateniesi voleva appunto servire come una freccia che indica un processo di degradazione.
La ringrazio comunque davvero di cuore per il tempo e l'interesse che ha voluto dedicarmi.
genseki

L'agliuto ha detto...

Grazie per la sollecita risposta.
Mi sta a cuore il parere di chi stimo.
Circa i commenti, è vero, anch'io ne ricevo ben pochi. Talvolta me ne cruccio, spesso me ne rallegro.
Infine, vedendo l'uso del 'lei', chiedo perdono per il mio affrettato 'tu'. Ma, prima o poi, poiché sembriamo coetanei, dovremo arrivarci.
A presto.
Asno

Pietro Cadelli ha detto...

no non c'è problema per il tu o il lei. Io tendo al lei con le persone che stimo ma non è importante
Grazie per la stima. Sicuramente non la merito ma la ricambio.
A presto
genseki