sabato, gennaio 24, 2009

César Vallejo come l'ho conosciuto II

Quando ebbi finito di mettere a posto tutte le mie cose mi disse ancora:

- Molti bambini preferiscono sedersi piú in fondo perché non gli piace rispondere alle domande. Tu, peró sarai un bravo alunno, non è vero?

Io non sapevo niente dei piccoli trucchi dei bambini, cosí non capivo bene che cosa volesse dire e risposi ingenuamente:

- Si, la mia mamma si è raccomandata che studi molto...

Egli sorrise lasciando intravedere denti bianchissimi e poi mi accompagnó verso la porta. Chiamó uno dei ragazzetti che stavano ggiocando e gli disse:ç

- Questo è uno nuovo, accompagnalo a giocare...

Quindi se ne andó e vennero altri bambini, che tutti si misero ad osservarmi con curiositá, sorridendo: !Montanaro burino! Commentò uno notando le mie guance rosse dato che gli abitanti della costa per lo piú sono pallidi. Gli altri scoppiarono a ridere. Il bambino che doveva portarmi a giocare disse con calma:

- Sai giocare ad acchiappare?

Io gli dissi di no e egli sentenzió:

- Sei nuovo, chiaro che non sai giocare...

Mi lasciarono per continuare ad acchiapparsi, io ero molto confuso e il rumore della ricreazione mi intontiva.
Cercai con lo sguardo il maestro e alla fine lo trovai accanto alla porta, secco secco e scuro mentre parlava con un altro professore grasso e dai baffi diritti, un buon uomo che anch'io avrei finito per chiamare Champollion, come da alcune generazioni facevano tutti gli alunni. Non ebbi il coraggio di avvicinarmi e me ne andai a zonzo. Attraversando una porta entrai in un grande cortile dove vi erano studenti piú grandicelli. Nessuno mi guardava e nessuno mi diceva nulla. Era li che doveva trovarsi mio zio. C'erano molti cortili, molte aule, molti archi. Le pareti erano dipinte di rosso chiaro, quasi rosa come per temperare la severitá di un edificio che in altri tempi era stato un convento. Suonó la campana e io non sapevo più ritornare in classe. Ero perduto de entrai per sbaglio in un'altra. Proprio Vallejo venne a recuperami. Si era accorto della mia assenza e si era messo a cercarmi di aula in aula, mi prese per mano e mi portó con lui. Ricordo ancora la sensazione che mi produsse la sua mano grande, fredda e nodosa, stringendo la mia timida e scivolosa per la tensione. Volli liberarla ma egli la trattenne. Mentre camminavamo per gli ampi corridoi desertimi andava dicendo senza che io mi azzardassi a rispondere:

- perché ti sei messo a camminare? Sei restato solo?. Un bimbetto come te non deve allontanarsi dalla sua aula e dal suo cortile. Questa scuola è moltogrande... Sei triste?

Giungemmo alla nostra aula e mi condusse al mio banco. Si mise dietro la sua cattedra che stava alla stessa altezza dei nostri banchi e molto vicina ad essi di modo che ci parlava proprio a fianco. Fu allora che mi resi conto che il maestro no si tagliava i capelli come tutti gli altri uomini ma che portava una grande chioma liscia, abbondante e negrissima. Senza sapere a che attribuirlo chiesi a voce bassa al mio compagno di banco:

- perché porta i capelli così?
- È un poeta, mi sussurró.

La personallitá di Vallejo cominciava a sembrarmi in po' misteriosa e cominciai a farmi qualche domanda a cui non sapevo rispondere. Egli mi scosse dalle mie perplessitá dando due colpi sulla cattedra con il righello. Era il suo modo di richiamare l'attenzione. Annunció che stava per dettare la lezione di geografia e imbricando le dite in modo da simulare la forma della terra con le sue mani scure e magre disse:

- Bambini, la terra è rotonda come una arancia... proprio questa terra in cui viviamo e che ci sembra piatta è rotonda.

Ciro Alegria
trad genseki

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