martedì, dicembre 30, 2008

Gramsci e la fine della storia

Scrive Gramsci nelle pagine dei Quaderni dedicate alla filosofia di Benedetto Croce:

“La formulazione di Engels che l'unità del mondo consiste nella sua materialità dimostrata dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia e delle scienze naturali contiene appunto il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all'uomo per dimostrare la realtà oggettiva. Oggettivo significa sempre umanamente oggettivo, ciò che può corrispondere esattamente a storicamente soggettivo [...]. L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario; ma questo processo di unificazione storica avviene con la sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono la condizione della formazione dei gruppi e della nascita delle ideologie [...]. C'è dunque una lotta per l'oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per l'unificazione culturale del genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano spirito non è un punto di partenza ma di arrivo, l'insieme delle soprastrutture in divenire verso l'unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario».

L'unificazione culturale del genere umano corrisponde in questo testo alla sparizione delle contraddizioni. Tuttavia la sparizione delle contraddizioni non puó che significare anche contemporaneamente la sparizione della dialettica dal momento che non vi è dialettica ove non è contaddizione. Se, tuttavia, come pare, anche nel pensiero di Gramsci la dialettica è la legge che governa la realtá umana e quella naturale, quale tipo di realtá sarebbe quella senza dialettica? Una realtá certamente non piú umana. Non piú umana in che senso? Certamente non nel senso di una realtá piú naturale. Che cosa allora? Qualche cosa che si situa al di lá del reale, nell'elemento dell'ultrareale che non è né trascendente né immanente e che quindi non non è né puó essere neppure anteriore piuttosto che posteriore. Infatti se non vi è contraddizione, ció che resta abolito è la negazione. Non puó evidentemente darsi negazione senza che inmediatamente si dia contraddizione e all'inverso ove non vi sia contraddizione non vi è possilitá di negazione. Senza negazione non si puó parlare di “punto di partenza” e neppure di principio. Perché vi sia partenza o perché vi sia inizio, è infatti necessario che vi sia negazione di uno stato che è appunto quello anteriore alla partenza o all'inizio e che nello stesso tempo è interno ad entrambi. Non so se si potrebbe dire attuale a tutti e due. L'unificazione del genere umano non può dunque essere considerata un punto di arrivo o di partenza se non in senso assolutamente relativo o metaforico.
In queste linee, tuttavia, Gramsci sembrerebbe voler far consistere la differenza tra idealismo e materialismo proprio in una opposta concezione del punto di arrivo e di quello di partenza. Gli idealisti sarebbero quelli che considerano lo spirito come il punto di partenza e i materialisti coloro che lo considerano un punto di arrivo,
Tuttavia se lo spirito, sarebbe meglio dire, il regno dello spirito realizzato è concepito da Gramsci come il regno della non contraddizione allora anche la contraddizione partenza-arrivo è tolta e con essa la contraddizione tra idealismo e materialismo che appunto non puó sussistere che in senso soltanto relativo.
D'altra parte la relazione dialettica tra partenza e arrivo è tale per cui l'arrivo è concepibile solo come legato alla partenza. In questo senso Gramsci sembrerebbe volerci dire che il materialismo è necessariamente legato all'idealismo e che non puó essere concepito se non in relazione dialettica con esso.
genseki

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