mercoledì, novembre 26, 2008

Il cristianesimo di Kojève



Nella “natura umana” del Cristo l’essenza umana è legata in modo biunivoco e necessario al corpo umano. Fatto che obbliga ad ammettere che questo legame è definitivamente necessario anche in tutti gli uomini, essendo lo stesso dovunque e sempre.
Ti p. 340
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In assenza del dogma dell’Incarnazione e quindi della Trinità, i teologi ebrei e mussulmani non poterono opporsi alla filosofia (paritetica) pagana che proponendo al suo posto soltanto il dogma della Creazione. Ora, questo dogma afferma il carattere arbitrario di tutti i legami di cui si parla ed esclude così la Filosofia in quanto tale, dal momento che rende impossibile parlare del Concetto. È per questo che non c’è mai stata in nessun luogo una filosofia giudaica o islamica ma soltanto una teologia (monoteista). Soltanto il Cristianesimo ha potuto enunciare (per bocca di Kant) una Paratesi (sintetica) filosofica, grazie all’introduzione nel discorso filosofico dell’equivalente del dogma dell’Incarnazione. Ma è solo nel momento in cui il dogma della Trinità fu anch’esso introdotto nel discorso filosofico (da Hegel), cioè nel momento in cui l’insieme del discorso teologico (cristiano) fu trasformato in un solo e medesimo discorso filosofico, che questo si trasforma (per questo stesso fatto) nel sistema del sapere hegeliano.
Ti p. 341
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Dalla sua origine , il Cristianesimo si presenta come una specie di Paratesi, che si situa nell’Universo tra la tesi ellenica e l’Antitesi ebraica. San Paolo proclama la saggezza cristiana come una doppia negazione delle tesi contrarie (“Follia per i Greci, scandalo per gli Ebrei”).
Ma se la mistica radicale sembra aver accettato in un sol colpo il Silenzio a cui equivale la negazione paolina della copia antitetica, il Cristianesimo discorsivo si è sforzato fin dall’inizio di sostituire al ne…ne di S. Paolo la paratesi classica del e…e, cioè della doppia affermazione parziale e più parziale delle tesi contraddittorie che supponeva il discorso cristiano.
D’altra parte il Cristianesimo si inserisce, fin dal principio nel quadro ellenistico nel senso che il dogma ebraico si esprime discorsivamente, in quanto dottrina cristiana in un Universo dominato dal discorso ellenico. In altri termini, in e per la paratesi cristiana, l’antitesi giudaica suppone come posta la tesi pagana enunciata dai Greci. È dunque negando il Paganesimo che il cristianesimo si afferma. Ma si distingue dal Giudaismo in quanto compromesso paritetico, ove il Paganesimo tetico è negato solo parzialmente, con l’obiettivo di integrarlo da quanto conserva del Giudaismo antitetico. La proporzione dell’uno e dell’altro variò nel corso del tempo, mano a mano che si esplicitava la “contraddizione in termini” inerente al Cristianesimo preso e compreso quale paratesi discorsiva.
Dal punto di vista che ci interessa qui, due miti giudaici escludevano la possibilità di qualsiasi filosofia. Da un lato il mito della creazione del mondo ex nihilo per un atto di volontà “libero” dell’uno-completamente-solo” di Parmenide affermava, (almeno implicitamente), il carattere arbitrario del legame tra l’Essenza e il Corpo in tutto ciò che esiste empiricamente in quanto oggetto. D’altra parte, il mito della creazione del Discorso ad opera di Adamo, che chiamava tutti gli oggetti come gli pareva, stabilisce (esplicitamente) il carattere arbitrario del legame tra Senso e Morfema nella Nozione “in generale”. Ora se tutte le relazioni sono arbitrarie, ha tanto senso parlare di Concetto come se fossero necessarie. E nella misura in cui il dogma tetico della Scienza greca affermava il carattere necessario di tutte le relazioni, la negazione totale di questa necessità (cioè “l’affermazione” della non-necessità di tutte le relazioni) ad opera del dogma della teologia ebraica costituiva un’autentica antitesi. TI p. 191-192
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Se per assurdo, si potesse eliminare Dio nel Giudaismo, tutte le relazioni del mondo sarebbero per questo giudaismo ateo tanto necessarie quanto lo sono per la Scienza “laica” dei Greci.
Detto altrimenti, basterebbe sottomettere a una “legge” necessaria la volontà del solo Dio, perché il dogma “giudaico” coincida con il dogma scientifico dei Greci. Inversamente, basta introdurre nella “legge bronzea” (“ananke” riconosciuta da quest’ultimo un elemento di “volontà libera” – oppure di azione “cosciente e volontaria” -) perché questa dogma assuma una colorazione (più o meno) “giudaica” (cioè teologica). E questo è precisamente quello che cerca di fare la dogmatica paritetica cristiana.
Ma se il monoteismo predestinava il Giudaismo (religioso) a subire un “compromesso” paritetico con il Paganesimo (scientista), la cristologia incitava il cristianesimo (moralizzante) a promuovere questo compromesso. In effetti, a parte qualche “miracolo”, il giudaico incarnato (in quanto Logos) subiva la necessità delle relazioni in questo mondo e le consacrava in quanto necessaria. Nella durata-estensione del Mondo, le essenze si collegavano in modo biunivoco e necessario ai loro rispettivi corpi in tutti gli oggetti, nella stessa misura in cui questo insieme era il mondo in cui viveva il dio incarnato, o doveva diventare un tale mondo, o già lo era stato. Detto altrimenti, il Mondo cristiano ove ha vissuto incarnato il Dio giudaico è un Cosmos della scienza greca che ha ricevuto un fine, cioè uno scopo e un termine finali, determinanti il suo proprio inizio. TI p. 192-193

Trad. genseki

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Dans la "nature humaine" du Christ, l’essence humaine est liée d’une façon bi-univoque et nécessaire au corps humain. Ce qui fait admettre que ce lien est tout aussi nécessaire dans tous les hommes quels qu’ils soient, étant le même partout et toujours. TI p340
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En l’absence du dogme de l’Incarnation et donc de la Trinité, les théologiens juifs et musulmans ne purent s’opposer à la philosophie (parathétique) païenne qu’en proposant à sa place le seul dogme de la Création. Or, ce dogme affirme le caractère arbitraire de toutes les liaisons dont on parle et exclut ainsi la Philosophie en tant que telle, puisqu’il rend impossible de parler du Concept. C’est pourquoi il n’y a jamais eu nulle part de philosophie judaïque ou islamique mais seulement une théologie (mono-théiste). Seul le Christianisme a pu énoncer (par la bouche de Kant) une Parathèse (synthétique) philosophique, grâce à l’introduction dans le discours philosophique de l’équivalent du dogme de l’Incarnation. Mais ce n’est qu’au moment où le dogme de la Trinité fut lui aussi introduit (par Hegel) dans le discours philosophique, c’est-à-dire au moment où l’ensemble du discours théologique (chrétien) fut trans-formé en un seul et même discours philosophique, que celui-ci se trans-forme lui-même (de ce fait même) en Système du Savoir hégélien. TI p341
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Dès son origine, le Christianisme se présente lui-même comme une sorte de Para-thèse, qui se situe dans l’Univers entre la Thèse hellène et l’Anti-thèse hébraïque. Saint Paul proclame la sagesse chrétienne comme une double négation des thèses contraires ("folie pour les Grecs, scandale pour les Hébreux"). Mais si la mystique radicale semble avoir accepté d’emblée le Silence auquel équivaut la négation paulinienne du couple antithétique, le Christianisme discursif s’est efforcé dès le début de substituer au ni-ni de saint Paul la Para-thèse classique du et-et, c’est-à-dire de la double affirmation partielle et plus ou moins partiale des thèses contra-dictoires que sup-posait le discours chrétien.
Par ailleurs, le Christianisme s’insère dès le début dans le cadre hellénistique en ce sens que le dogme hébreu s’exprime discursivement, en tant que doctrine chrétienne, dans un Univers dominé par le discours hellène. En d’autres termes, dans et par la Para-thèse chrétienne, l’Anti-thèse du Judaïsme suppose comme posée la Thèse païenne énoncée par les Grecs. C’est donc en niant le Paganisme que le Christianisme s’affirme. Mais il se distingue du Judaïsme en tant que compromis para-thétique, où le Paganisme thétique n’est nié que partiellement, en vue d’être complété par ce qui est retenu du Judaïsme antithétique. La proportion de l’un et de l’autre ayant d’ailleurs varié au cours du temps, au fur et à mesure que s’explicitait la "contradiction dans les termes" inhérente au Christianisme pris et compris en tant que Para-thèse discursive.
Du point de vue qui nous interresse ici, deux mythes judaïques excluaient la possibilité de toute philosophie quelle qu’elle soit. D’une part, le mythe de la création du monde ex nihilo par un acte de volonté "libre" de l’Un-tout-seul parménidien affirmait (du moins implicitement) le caractère arbitraire du lien entre l’Essence et le Corps dans tout ce qui existe-empiriquement en tant qu’Objet. D’autre part, le mythe de la création du Discours par Adam, qui nommait comme bon lui semble tous les objets quels qu’ils soient, établit (explicitement) le caractère arbitraire du lien entre le Sens et le Morphème dans la Notion "en général". Or si toutes les liaisons sont arbitraires, il y a tout aussi peu de sens de parler du Concept que si toutes les liaisons sont nécessaires. Et dans la mesure où le dogme thétique de la Science hellène affirmait le caractère nécessaire de toutes les liaisons quelles qu’elles soient, la négation totale de cette nécessité (c’est-à-dire l’ "affirmation" de la non-nécessité de toutes les liaisons) par le dogme de la Théologie hébraïque constituait une anti-thèse authentique. TI 191-192
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Si l’on pouvait par impossible, éliminer Dieu dans le Judaïsme, toutes les liaisons dans le Monde seraient pour ce Judaïsme athée tout aussi nécessaires qu’elles le sont pour la Science "laïque" des Grecs. Autrement dit, il suffirait de soumettre à une "loi" nécessaire la volonté du seul Dieu, pour que le dogme "judaïque" coïncide avec le dogme scientifique des Hellènes. Inversement, il suffit d’introduire dans la "loi d’airain" ("ananke" reconnue par ce dernier un élément de "volonté libre" (ou d’action "consciente et volontaire") pour que ce dogme prenne une coloration (plus ou moins) "judaïque" (c’est-à-dire théologique). Et c’est précisèment ce qu’essaye de faire la dogmatique parathétique chrétienne.
Mais si le monothéisme prédestinait le Judaïsme (religieux) à subir un "compromis" parathétique avec le Paganisme (scientiste), la christologie incitait le christianisme (moralisant) à promouvoir ce compromis. En effet, à quelques "miracles" près, le Dieu judaïque incarné (en tant que Logos) subissait la nécessité des liaisons dans ce monde et consacrait en quelque sorte celles-ci en tant que nécessaires. Dans l’ensemble de la durée-étendue du Monde, les essences se liaient d’une façon bi-univoque et nécessaire à leur corps respectifs dans tous les objets quels qu’ils soient, dans la mesure même où cet ensemble était le monde où vivait le Dieu incarné, ou devait devenir un tel monde, voire l’a déjà été. Autrement dit, le Monde chrétien où a vécu incarné le Dieu judaïque est un Cosmos de la science hellène qui a reçu une "fin", c’est-à-dire un but et un terme final, déterminant son propre commencement. TI 192-193
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