mercoledì, ottobre 08, 2008

Storia della calligrafia cinese Zhi Yong (VI sec. d.C.)


Zhi Yong fu discendente di settima generazione del grande mestro Wang Xizhi. Non seguì la tradizione della sua famiglia i cui componenti erano tutti grandi funzionari dello stato o uomini politici ma preferí entrare in un monastero.
Nella torre del monastero Yong Xin Shi nella cittá di Wu Xing nello Zhe Jiang per trenta anni, senza interruzione si dedicó a studiare il Xingshu Qianziwen dell'avo Wang Xizhi e si dice che giunse a copiarlo fino a ottocento volte.
Distibuiva le copie che realizzava nei monasteri lungo lo Yangzi perchè serviseero da modello per tutti coloro che si dedicavano a questa arte.
Attraverso questo duro esercizio giunse ad assimilare perfettamente la maestria e la purezza ineguagliabili di questo testo il cui titolo significa: “Poema di mille caratteri”. Si tratta di un'opera composta durante il regno dell'Imperatore Wu di Liang da Yin Tie Shi e Chu Xin-tu che trassero mille caratteri dalle opere di Wang Xizhu e li ricopiarono poi uno ad uno su fogli separato. Questi fogli furono poi riuniti in modo da formare un poema dotato di senso di versi cuadrisillabi rimati.
Il piú grande calligrafo dell'epoca che era Xiao Cu-yun, realizzó una copia del poema sulla carta e questa copia fu poi incisa su una stele per ordine dell'Imperatore.
Tutto questo lavoro ricevette come ricompensa il sigillo imperiale con il carattere Chi.
Il carattere fu apposto sulla prima edizione cartacea.
Il sigillo contenente il carattere Chi significa che la calligrafia realizzata contiene innovazioni sia nella composizione sia nel tratto.
Nessuno dei mille caratteri del poema si ripete nel testo.
Zhi Yong è considerato come un anello di passaggio tra la calligrafia tradizionale creata dal suo antenato Wang Xizhi e quella della dinastia Tang..
Dei suoi caratteri è stato detto che sembrano caduti dal cielo senza lasciare tracce del movimento del pennello.
Ci sono giunte solo due copie delle sue opere che si trovano oggi in una collezione privata di Kyoto.

A cura di genseki

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