giovedì, settembre 28, 2006

Balkh





A cavallo delle nostre anime stremate
Un giorno viaggeremo verso Balkh
Tra le guglie rosse dei picchi di rame
Come isole nei laghi di agrumeti
All’orizzonte le sfere taglienti delle palme
Offriranno illusioni di riposo
Alle pupille inaridite

Ma noi le sproneremo, le nostre anime cammelle
Le nostre anime destrieri pezzati
Le nostre anime affamate
Taglienti come il volo scheletrico
Dei gabbiani
Con più rabbia, ancora,
Verso Balkh.

Berremo dai torrenti salati
Berranno la pelle di veluto delle correnti

Avvolti nel mantelli di sabbia bianca
Come gli occhi di un mendicante cieco
Seguiremo
- Quasi senza soste –
Smarriti e febbrili
La strada per Balkh

Come uccelli migratori
Dalle costole cave
Dal cuore a forma di mandorla
Beccando nel ricordo
Gli ultimi chicchi d’uva viola
Abbacinate da versetti marini
Voleranno verso Balkh
Le nostre anime.

Verso Balkh,
La madre delle cittá
Ove negli occhi dell’immenso
Buddha d’oro
Oscillano in una danza impercettibile
Le colonne di luce nera dei Profeti
Intrecciate ai riflessi dei nomi
Dei dodici Iman
Nelle calligrafie verticali
Delle ascese.

Nel tempio di fuoco
Dalle mura di fuoco
Dalle torri di fuoco
Nel giardino verdeggiante
Delle rose della prima rugiada
Pronunceremo, infine, il nome di Diotima.
A un soffio dalle sue labbra velate.

A Balkh
Saremo prossimi a noi stessi
Saremo il polso delle nostre vene
L’assenso che precede la domanda
Nel sole che rifulge verso Tabriz.

genseki