lunedì, maggio 29, 2006

Tudor Arghezi


Cherubino Malato

L’angelo mio ancora si ricorda
Della sua felicità di un tempo
Ora che il cielo gli versa nella bocca
Sorsi di latte inacidito, amaro
Gli nega le bandiere delle stelle
Le sue sacre orifiamme
Il vento della sera non lo innalza
Negli aromi dell’olio e del vino
I campi ed i frutteti hanno perduto
I fiori, i frutti, le foglie ed i colori
Le acque nere sotto il cielo ardente
Traggono fanghi di pece bollente
Ovunque cerchi di posare il capo
Crescono spine e l’erba si fa dura
Vanno pel cielo senza lui le gru
E il loro volo non è più richiamo
La vita eterna, il nido dell’ogiva
Hanno cessato di nutrirne il cuore
S’insinua poco a poco nel suo intimo
Nel tempo che si sbriciola, la noia
Segretamente comincia a germinare
Nel corpo bianco un terrestre bubbone.


*

Salmo

Davvero son colpevole, Signore
Ché tutti i beni sempre ho desiderato
Di notte ho penetrato le fortezze
Ho saccheggiato nel sonno e nel sogno
Il braccio teso ed il pugno serrato
Sul marmo era silenzioso il mio passo
Come se camminassi sull’argilla
La bandiera notturna dispiegata di stelle
Copriva le mie gesta
Dormivano le guardie nelle calli
Appoggiate alle lance
Fuggivo cavalcando col bottino
Con una donna dai capelli bruni
I seni scuri gli occhi di rondinella
Le tentazioni dolci, quelle facili
Non furono mai la mia scelta
Nella mia ciotola come nella mente
Io cerco il gusto avvelenato, forte
Il mio bagno è nel ghiaccio
Sui sassi il mio giaciglio
Dove c’è buio attizzo le scintille
Dov’è silenzio scuoto le mie catene
Con i miei ceppi infrango le porte
Dalle alte vette suscito pericoli
Cerco il sentiero stretto per passare
Sulle mie spalle porto interi monti.

Ma il mio vero peccato, imperdonabile
È di aver cercato, o Signore
Di trafiggerti con il mio arco.

Ladro di cieli a me stesso ho giurato
Di saccheggiare con le aquile il tuo cielo
In segreto bramando tutti i beni
Nel segreto ho udito il tuo divieto.

*

trad. genseki